Per Facebook, su Facebook
Una cosa seria sul linguaggio in una piattaforma pubblica come questa. Soprattutto Facebook, sopra a tutto Facebook. Qui abbiamo molti contatti che vengono dal passato, amici di scuola, genitori dei propri amici, persone diventate adulte e in molti casi nonni con nipoti. Cosa c’entra questo lungo preambolo? Ci arrivo. Gran parte di noi sono, volenti o nolenti, una sorta di educatori per le nuove generazioni. Ecco, partiamo da qua e scorriamo la timeline. Dimenticate le vostre simpatie politiche, non servono a molto se non a fare il tifo per un post o per un altro. Ci siamo?
Un pubblico tendenzialmente adulto, con una certa formazione (almeno di vita) alle spalle, scrive di argomenti che non conosce con supponenza, maleducazione e risponde con gli stessi atteggiamenti. Non parliamo degli aggettivi contro gli “avversari” o i nemici del momento, parole di rara cattiveria, giudizi sommari con cui bullarsi magari in circoli ristretti come quei gironi infernali delle chat su Whatsapp o Telegram, insomma tutto tranne che adulti e formatori. Eppure quello siete se avete passato i 30. Le future generazioni guardano noi, i vostri figli e nipoti prenderanno spunto da questi comportamenti che spesso, paradossalmente, vengono contestati proprio da chi li ha creati. Un paradosso ancora più doloroso vederli durante un evento sportivo che parla di universalità.
Che occasione sprecata, vero?