Cose di cui (non) scrivere
Piccolo sfogo.
Premessa necessaria: sono un amico di Dominga Guerri, quindi avrei scritto queste due righe a prescindere dalle elezioni. Due righe probabilmente fini a sé stesse, ma che ho voluto buttar giù perché la questione mi ha colpito per il contesto e per la modalità.
Niente di nuovo. I social ormai sono uno sfogatoio, soprattutto per alcune generazioni.
Non colpisce, nel caso di cui parla Allegranti, che la serie di offese (le ennesime) arrivino da una persona adulta, che tira nel mezzo (inutilmente) il socialismo laico (sic), con una serie di forzature dialettiche per provare a stemperarle. Il problema è a monte.
Non esiste formazione scolastica o politica che possa formare cittadini in grado di esprimersi con il rispetto dovuto agli altri — a prescindere da appartenze politiche o di genere — senza cambiare il substrato culturale da cui attingono.
Si può aver seguito le politiche di Sandro Pertini, si può essere conservatori o meno ma le parole che usiamo trovano la loro fonte nel nostro inconscio. Insomma, alla fine, si dice e si scrive quel che si pensa e non quel che si è studiato o sostenuto.
La solidarietà a Dominga, o a qualunque altra donna che ogni giorno cade in simili situazioni, rischia di essere una liturgia che non risolve il problema. Certo, lo ammetto, il silenzio è peggiore di una frase di circostanza.
Altrettanto vero è che c’è ancora molto da lavorare per arrivare — in politica e nello stare in rete — a quell’igiene dialettica che manca sempre più nonostante gli strumenti che utilizziamo, tipo questo, potenzialmente sarebbero capaci di cambiare gli atteggiamenti.