Così non Giro

Andrea Trapani
2 min readMay 6, 2022

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A volte parlo di ciclismo, forse fin troppo per chi non è appassionato, specie quando mi emoziono. Una delle cose che provoca i sentimenti maggiori è sicuramente il #GirodItalia.

Oggi è partita la corsa rosa. Dall’Ungheria.

Come sempre, una premessa.
Il Giro che parte dall’estero a me piace. Molto. Non sono uno di quelli che storce il naso se la corsa rosa va in Grecia, in Belgio, in Israele o in Olanda. Va bene anche l’Ungheria, paese bellissimo.
E’ necessario però fare un passo indietro: a meno di non essere ingenui lo sport è politica.

Lo scrivo meglio: lo sport è anche politica. L’Ungheria oggi ha una chiara connotazione all’interno dell’Europa (evito lo spin-off). Il Giro doveva già partire da Budapest, l’emergenza pandemica ha spostato avanti nel tempo l’appuntamento. Torniamo alla tappa di oggi.

L’arrivo è stato a Visegrád, un piccolo paese di 1900 abitanti. Provo a fare il finto tonto visto che, per un comune italiano di così piccole dimensioni, per costi e logistica è (quasi) impossibile ospitare l’arrivo di una tappa del Giro. Figuriamoci quella iconica dell’esordio.

La tappa con arrivo a Visegrad

Insomma, ci siamo capiti. Spesso si parla (a ragione) del problema morale ed etico dello sport che vive anche con soldi che vengono da realtà con diritti civili e umani distanti dai nostri valori. Ecco, ora arrivo alla domanda che mi tormenta da stamani.

Va tutto bene nell’accettare il tutt’altro che sottinteso messaggio politico e la visibilità all’attuale mondo ungherese con una tappa del Giro (d’Italia, ci tengo) tra Budapest e Visegràd? O è meglio fingersi tutti tonti?

La passione c’è, ma non si può tollerare tutto.

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Andrea Trapani
Andrea Trapani

Written by Andrea Trapani

Giornalista, appassionato di comunicazione. In rete fin da adolescente alla fine ha deciso di studiarla.📱

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